Un viaggio continuo alla ricerca delle radici di una terra, dei suoi valori e delle sue intime connessioni.

Andrea Rega, “L’oscenità del corpo. Bramosie dell’immaginario, consumismo ideologizzato, indottrinamento visivo”

Recensione a cura della redazione di Monti Prenestini
Sorokin, sociologo russo naturalizzato statunitense, denunciò, già a partire dalla seconda metà degli anni ’50, i drastici cambiamenti che andavano realizzandosi, quasi inavvertitamente, nella vita quotidiana occidentale.
Come ben spiegato da Iucci nel commentare “La rivoluzione sessuale americana”, gli individui iniziavano a subire la fascinazione di una forza tellurica e diffusa capace, senza ricorrere a manifestazioni roboanti, di sessualizzare l’intera espressione culturale. Dando vita ad un’ossessione su vasta scala, in grado di ridisegnare il pensiero e la dimensione relazionale, permeando svariate realtà: letteratura, radio, moda, stampa, cinema ecc.
Queste preoccupazioni, allora avvertite come manifestazioni di un progressivo disfacimento valoriale, nella nostra contemporaneità non fanno più scalpore. Ad esempio, è prassi consolidata, per chi consulta notizie sportive, l’imbattersi in immagini di esplicita nudità (modelle, soubrette, Wags ecc). L’utente non comprende l’estraneità dei contenuti subiti: il suo interesse, mentre naviga in rete, sciama e viene diversamente riattivato.
La reificazione della corporeità, solitamente a fini commerciali, comporta un sovraccarico di significati, propriamente, ideato per intercettare l’immaginario. Un terreno fatto di attese, talvolta impossibili, che liberando la sessualità dall’univocità del sentimento l’affranca dalla libera donazione, nella reciprocità, trasformandola in bene di consumo e motivazione esistenziale. L’edonismo tollerante, per usare un’idea pasoliniana, cannibalizza l’esperienza affettiva facendone un ripiegamento egocentrico che porta a consumare l’altro senza vincoli né aspettative. Un disordinato bramare che, come una droga potentissima sempre in cerca di emozioni più forti, fa dell’alterità un correlato pulsionale da esaurire e sostituire. La giostra dell’intercambiabilità postmoderna, al di là della liquidità sentimentale, trova un ulteriore potente carburante, come diceva Bauman rileggendo Calvino, nella passione sottesa al godere delle cose nuove e diverse. Così, ad una più conosciuta transitorietà passionale va giustapponendosi un’indeterminatezza
nell’esplicitazione dell’orientamento sessuale. Il mercato che, negli equilibri del capitalismo avanzato si regge anche sul consumo degli sperperi, ha colto questa ulteriore tendenza, dando vita a forme di merchandising specifico e a nuove categorie merceologiche che strizzano l’occhio alla fluidità di genere e alla galassia LGBTQ+. Il tema dell’orientamento sessuale non binario, con le sue plurime possibilità (asessualità, poliamore, omosessualità, bisessualità, intersessualità ecc.), entrando nella narrazione pubblicitaria è diventato un vero e proprio target. Svariate multinazionali, durante il pride month e non solo, tingono d’arcobaleno i loro spot anche quando scomodare queste tematiche delicate non contribuisce a promuovere i prodotti reclamizzati.
La questione pone diversi interrogativi che, nell’ambito degli studi sociali internazionali, ha portato ad approfondire il fenomeno del rainbow washing spesso equivocato con un’opera di rivendicazione e sensibilizzazione. In realtà, come più volte mostrato all’interno del testo qui brevemente presentato, si tratta di un ennesimo tentativo idoneo ad ammantare la merce di ideali (emancipazione, anticonformismo, antirazzismo, ecologia ecc.), per gonfiarne il valore di scambio. Un discorso articolato che s’incentra sul corpo fatto oggetto di una perenne attesa simbolica (libertà, appagamento, trasgressione, benessere, ricchezza ecc.) e di uno sfruttamento perpetrato in qualità di veicolo straordinario del commercio degli appetiti.
Andrea Rega, L’oscenità del corpo. Bramosie dell’immaginario, consumismo ideologizzato, indottrinamento visivo, Tau Editrice, Todi, 2022, pp. 228, 20.00€
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