
Bar e ristoranti scrivono a Conte: 14 punti per salvare il comparto
Ieri l’appello di ZìRico a Monti Prenestini (LEGGI QUI). Oggi arrivano le prime proposte
Una lettera appello al premier Giuseppe Conte per non lasciare solo un
comparto che storicamente è parte integrante della tradizione, della
cultura e dell’economia del nostro Paese. A sottoscriverla oltre 1.800
bar e ristoranti di tutta Italia, riuniti su facebook, autoconvocati con
il passaparola e messaggi su wathapp. Locali da nord a sud radunati
nelle rete S.O.S. Bar e Ristoranti che hanno inviato al governo 14
proposte concrete per salvare migliaia di imprese, famiglie e posti di
lavoro.
“Quello che si legge – affermano Paolo Baccino e Luca Marcellin,
portavoce di SOS BAR E RISTORANTI – le informazioni e previsioni
disponibili ora, sono allarmanti. Non possiamo riaprire le nostre
attività con tutte le restrizioni ad oggiipotizzate. Sono misure
purtroppo non sostenibili perché la maggior parte dei bar e ristoranti
italiani è di piccole dimensioni. Sono restrizioni che porterebbero al
collasso delle imprese, perché dovendo rispettare le norme previste sul
distanziamento, prevediamo un calo di fatturato del 60-70-80%. E sulle
nostre spalle si accumulerebbero gli stessi costi fissi di cui eravamo
gravati prima dell’emergenza”.

Servono “azioni reali e concrete almeno fino adicembre 2020. In quanto
la ripresa sarà lunga e sarà la vera sfida”. Nella lettera, stilata in
quattordici punti schematici si chiede la sospensione degli affitti
durante l’emergenza con credito di imposta al 100% atto a tutelare i
locatori, una sospensione di tutti gli adempimenti fiscali, dei
versamenti contributivi e, laddove presenti, dei mutui e delle cartelle
esattoriali per tutto il periodo dell’emergenza. Si propone inoltre la
creazione di un fondo economico specifico per il settore
bar/ristorazione che copra tutte le spese non bloccate (affitti,
fornitori, suolo pubblico) per le attività di settore con fatturato non
superiore a 1.000.000,00 di euro e l’eventuale istituzione di una “flat
tax” del 15% per i 6 anni fiscali che
seguiranno la chiusura dell’emergenza; un’importante revisione di norme
e costi per la gestione del suolo pubblico in concessione ai
bar/ristoranti oltre che dei costi di energie e utenze, una riduzione
sull’Iva e l’azzeramento delle commissioni bancarie/pos.
La petizione richiede inoltre l’istituzione, qualora il costo per
l’approvvigionamento di “igienizzante mani” da fornire al pubblico
dovesse gravare per legge sul titolare dell’attività, di un credito
d’imposta del 50% e possibili contributi a fondo perduto per l’acquisto,
stessa cosa per quanto riguarda l’acquisto di presidi di protezione
obbligatori per il personale come mascherine e guanti monouso e per
tutto ciò che sarà necessario per adeguarsi alle nuove normative
(plexiglass parafiato sanificazione) con garanzia di approvvigionamento
a prezzo equo. L’obbligo di distanza di due metri tra i tavoli giudicato
eccessivo e la limitazione delle attività fino alle ore 18 che, qualora
prevista come nella fase iniziale dell’emergenza, metterebbe in
difficoltà tutti quei locali che aprano in quell’orario o che lavorando
prevalentemente nel serale vedrebbero calare di fatto il fatturato in
modo cospicuo. Un’ ultima richiesta: che qualora i clienti nonostante
gli avvertimenti affissi come sarà previsto dalle norme, non dovessero
rispettare le distanze, le sanzioni non incombano sugli esercenti.
Lo comunica in una nota la rete S.o.S. Bar e Ristoranti.