
Il 448° anniversario dell’erezione della città di Palestrina in Principato
Il 22 febbraio 1571, Pio V – scrive Pietrantonio Petrini nelle Memorie prenestine disposte in forma di annali (Roma 1795) – rammentando i meriti del ramo Colonnese di Palestrina, e chiamando questa Città nobilissima, ed antichissima, la eresse in principato e concesse ai Colonna, i quali sul principio si denominarono Conti, e di poi Utili Signori di Palestrina, il privilegio di denominarsi Principi, assegnandogli per dipendenze Castel San Pietro, o sia il Monte, e Castell’Algido, o sia Mezza-selva.
I Colonna erano presenti a Palestrina fin dal 970, quando Giovanni XIII concesse la Città e i suoi territori alla senatrice Stefania, che ne poteva disporre fino alla terza generazione. Quando tale concessione decadde, il conte Giovanni Colonna impugnò le armi contro l’allora pontefice per poter tenere ancora quelle terre, ma fu costretto a rifugiarsi nella rocca prenestina dove fu assediato dalle truppe di Benedetto VIII (1012), dando iniziò così a quella lunga lotta col papato che si protrasse per secoli.
Nel 1108 Pasquale II tolse di nuovo ai Colonna il feudo prenestino, che rimase alla Chiesa per circa dieci anni. Regnando Onorio II (1124-1130), i Colonnesi rioccuparono Palestrina che da allora rimase loro feudo fino al XVII secolo. E dei Colonna la Città seguì le sorti e l’alterna fortuna.
Nel 1298 Palestrina subì la prima tremenda distruzione ad opera di Bonifacio VIII. Il Pontefice ordinò ai Cardinali Giacomo e Pietro Colonna di consegnare le loro terre, tolse loro la dignità cardinalizia e li scomunicò come scismatici, ma questi, solo dopo un assedio durato circa un anno si arresero alle truppe papali. Palestrina venne rasa al suolo “sull’esempio della Cartagine africana”. Palestrina era sede vescovile e, come tale, non poteva essere abolita, per cui, morto Bonifacio VIII, Clemente V, nel 1305, permise ai Colonna di tornare a rifabbricarla e recingerla con nuove mura.
La Città continuò a subire nuove traversie e, a distanza di poco più di un secolo, subì una seconda terribile distruzione (1436) ad opera delle truppe del cardinale Vitelleschi. “Questi – scrive un cronista dell’epoca – vi mandò dodici mastri di Roma a farla infocare, spianare, sradicare, smurare, ed in tutto disabitare, la quale cosa durò per tutto il mese di aprile”.
Ancora una volta, però, i prenestini ricostruirono la loro città. Dieci anni dopo, infatti, Nicolò V la restituì ai Colonna. La zona che per prima fu rioccupata fu quella più in alto detta dello Scacciato, al di sopra del palazzo baronale.
Alla metà del secolo seguente, Palestrina fu coinvolta nella guerra tra il re dio Spagna Filippo II e Paolo IV: Marcantonio Colonna, il futuro vincitore di Lepanto, ribellatosi al papa insieme con altri nobili romani, e passato dalla parte degli imperiali, è scomunicato e spogliato dei suoi beni. E’ solo col papa Pio IV (1561) che Marcantonio riottenne i suoi feudi e, dopo la vittoria di Lepanto fu insignito da Pio V della dignità di Principe di Palestrina.
Con il secolo XVII, mutati i tempi e le condizioni politiche e sociali di Roma e del Lazio, la città entra in una nuova fase, caratterizzata non più da lotte, assedi e distruzioni, ma di un pacifico sviluppo. Dopo oltre cinque secoli di lungo e travagliato possesso, il feudo prenestino passò dai Colonna ai Barberini (1630) … ma questa è un’altra storia.