
Il Beneficio di Santa Maria della Pace a Bellegra
Dal 1718 al 1878 è esistito in Civitella, oggi Bellegra, un Beneficio giuspatronato ecclesiastico eretto nella Chiesa Parrocchiale di S. Nicola, sotto il titolo di Santa Maria della Pace. Chi lo istituì, per disposizione testamentaria, fu il signor Francesco Pesce. Esso obbligava a quaranta messe annue in memoria del fondatore, da celebrare sull’altare della Madonna della Pace. Per il presbitero designato dalla famiglia dell’erede e approvato dall’Abate Commendatario di Subiaco, era garantito l’usufrutto dei seguenti beni: casa di sette vani in via degli Scaloni detta anche la Porta Vecchia; castagneto in contrada Va’ di Lupi; terreno in contrada Colle Lippo con vigna e altri frutti; campagna in Contrada La Valle. Il Beneficio fu approvato con Bolla di istituzione emessa nel 1719 e i titolari furono principalmente i presbiteri della famiglia Patrizi, ramo di Sebastiano, poiché eredi diretti di Francesco Pesce.

Il primo titolare del Beneficio fu l’arciprete don Piacentino Patrizi, figlio di Benedetto e Maria Angela Patrizi.
Dopo di lui, lo ricevette don Lorenzo Patrizi (1762-1842), figlio di Sebastiano ed Archivista della Congregazione del Sant’Uffizio.
Il titolare successivo fu don Giuseppe Patrizi (1809-1846), docente di Diritto Canonico all’Archiginnasio della Sapienza e Maestro di Camera presso la corte del cardinal Angelo Mai a Roma. Con la prematura dipartita di don Giuseppe, il Beneficio venne acquisito dal nipote Mons. Pietro Patrizi (1832-1900). Anch’egli, al servizio della Sede Apostolica, visse a Roma dal 1858 con l’incarico di avvocato della Curia Romana ed officiale della Congregazione del Concilio.
I presbiteri qui elencati furono tutti ordinati a titolo del loro patrimonio e Mons. Pietro fu l’ultimo usufruttuario del Beneficio, che venne confiscato dallo Stato italiano nel 1878 e convertito in una pensione.
I benefici ecclesiastici consistevano in patrimoni e redditi connessi ad un ufficio. Ne era titolare un chierico, che in caso di beneficio giuspatronato veniva proposto dagli eredi del fondatore e approvato dall’ordinario della diocesi nella quale fosse stato eretto. Il Concilio di Trento aveva disciplinato la necessità del titulus ordinationis, che poteva essere per patrimonio, pensione o beneficio. L’usufrutto del Beneficio Pesce permise ai presbiteri della famiglia Patrizi di gestire una quantità di beni immobili in Bellegra e dedurne le rendite. Inoltre, chi non era supportato dal patrimonio poteva essere ordinato a titolo del beneficio. Esso rappresentò da un lato un mezzo di sostentamento ed autonomia per il clero del casato e dall’altro la trasfigurazione della vocazione da servizio alla comunità ad amministrazione di beni. Se don Piacentino era stato arciprete di Civitella, curando le anime della cittadina; già il suo successore don Lorenzo fu destinato alla Curia Romana, gestendo il Beneficio a distanza e secondo le logiche della possidenza.
Con l’unità d’Italia e l’esproprio dei benefici ecclesiastici, una nuova vocazione apparve nella famiglia, quella di Nazareno Patrizi. Ordinato il 27 maggio 1893, per la diocesi di Roma, a differenza dei suoi avi non fu un amministratore ma un pastore. Seppe porsi al servizio della Sede Apostolica, come avvocato rotale, e della Diocesi in qualità di canonico dei Ss. Celso e Giuliano e insegnante nelle scuole operaie. I suoi sforzi furono premiati da Pio X che lo volle tra i propri Cappellani Segreti, da Benedetto XV che lo rinnovò nell’incarico e da Pio XII che lo inserì definitivamente nella corte pontificia col titolo di Cameriere Segreto Soprannumerario e Prelato Domestico di Sua Santità, decorazione che il Santo Padre partecipava ad ecclesiastici particolarmente benemeriti.
Davide Bracale