Un viaggio continuo alla ricerca delle radici di una terra, dei suoi valori e delle sue intime connessioni.

La celebre “pernacchia” di Totò a Castel San Pietro Romano


Nel giorno dell’anniversario della morte (15 aprile’67), il suo ricordo nel film “I due Marescialli” girato nel piccolo borgo dei Monti Prenestini

Era il 15 aprile 1967: esattamente 53 anni fa ci lasciava il grande Totò. Il principe della risata, grande attore, poeta e paroliere partenopeo aveva un profondo legame con Castel San Pietro Romano. È qui, nel ridente borgo dei Monti Prenestini, che nel 1961 viene girato “I Due Marescialli”, film diretto da Sergio Corbucci e interpretato da Totò e Vittorio De Sica.
Indimenticabile la scena della “pernacchia” che si svolge tra l’interno di Palazzo Mocci è il balcone d’affari o sulla piazza del paese.

Il film distribuito nelle sale il 21 dicembre 1961 incassò 536.513.000 lire e gli spettatori nel periodo di proiezione furono 2.765.531.

Trama

Alla vigilia dell’8 settembre 1943 (giorno del proclama di Badoglio dell’armistizio di Cassibile), nella stazione ferroviaria di Scalitto, il maresciallo dei Carabinieri Vittorio Cotone sorprende il ladruncolo Antonio Capurro, travestito da prete, che ha appena rubato una valigia a un viaggiatore. Il maresciallo sta per catturare Capurro, ma un bombardamento distrugge la stazione. Nella confusione e tra i feriti, Capurro si appropria della divisa e scappa. Prima, però, ha fatto indossare, mentre era ancora svenuto, l’abito talare al maresciallo.

I due si ritroveranno poi nello stesso paesello di campagna: Scalitto. Capurro, nei panni del falso maresciallo, a presidiare il paese al servizio dei tedeschi e del podestà fascista. Cotone, nei panni del falso prete, rifugiato in una chiesa insieme a una ebrea, un partigiano e un americano, intento a capeggiare la resistenza locale guidata proprio dal “nemico” Capurro.

Il prete Cotone riesce a convincere Capurro a fare il doppiogioco, continuando a fingersi un maresciallo disposto a collaborare con i tedeschi. Non mancano situazioni comiche e paradossali, dovute al fatto che Cotone non sa comportarsi da vero prete, così come il ladro Capurro deve improvvisarsi carabiniere. A complicare le cose c’è anche l’arrivo in paese di Immacolata, la fidanzata di Cotone. Per salvare le apparenze, i nostri eroi sono costretti a inscenare un falso matrimonio fra la donna e il finto maresciallo, celebrato dal finto prete Cotone, che però è il vero fidanzato di Immacolata.

Ma proprio nell’imminenza della Liberazione del paese da parte degli Alleati, il partigiano e l’americano vengono catturati e rinchiusi in cella. Di fronte alla prospettiva che degli innocenti vengano fucilati, Capurro ha un soprassalto di dignità. Conscio di dover onorare la divisa che indossa, utilizza la dinamite in suo possesso per liberare i due, pur sapendo che con ciò verrà scoperto dai tedeschi. Capurro viene così condotto all’esecuzione, nonostante Cotone si sia inutilmente affannato a dichiarare che il vero maresciallo fosse lui.

Vent’anni dopo, il maresciallo e la sua famiglia si trovano nuovamente nella stazione ferroviaria di Scalitto. Il povero Cotone, ormai a riposo, per anni ha cercato notizie di Capurro senza averne più trovato traccia, ma restando convinto comunque che alla fine la divisa da carabiniere avesse redento il ladro. Ma proprio sul marciapiede della stazione si vede sfilare da sotto il naso la propria valigia da un ladro vestito da frate domenicano: si tratta del vecchio amico Capurro, ancora vivo e operante, sfuggito chissà come al plotone di esecuzione dei tedeschi.