
La rivincita delle botteghe: così da San Vito a San Cesareo si punta sulla qualità
La cura della salute psicofisica inizia soprattutto dalla tavola: ecco come sono cambiate le nostre abitudini
Negli anni sono stati costretti a chiudere uno dopo l’altro, schiacciati dall’arrivo dei grandi centri commerciali e da un sistema fiscale tutt’altro che a loro vantaggio. Ora però l’emergenza pandemia ha resuscitato le piccole botteghe di paese, che grazie all’isolamento stanno registrando un boom di vendite mai immaginato.
A partire dagli alimentari, una denominazione che sembrava ormai destinata a scomparire. E invece oggi c’è la riscoperta del negozio sotto casa, magari dove faceva la spesa già papà e ancor prima il nonno. Vere e proprie botteghe del gusto, dove si respirano i profumi delle materie prime. Anche ai Monti Prenestini, soprattutto nei piccoli centri come Poli, Castel San Pietro, Capranica, Rocca di Cave e San Vito Romano c’è stata una vera e propria inversione di tendenza, segno di un cambiamento delle nostre abitudini.

I vantaggi sono innumerevoli e non solo a livello fisico, economico e lavorativo ma soprattuto a livello morale.
Costruire rapporti, concedersi al sorriso del bottegaio che ogni giorno ti riserva il pane fresco perché tanto sà già che passerai a comprarlo al rientro da lavoro, è un rituale dal quale scaturiscono privilegi non indifferenti.
“Le persone si affidano a noi – spiega Laura del Coal, Family market di San Cesareo. Ritornano anche per una chiacchierata, un consiglio e perchè sanno che qui puntiamo solo su prodotti di qualità selezionati”.

L’emergenza sanitaria, con i suoi rischi connessi, privilegia dunque la qualità del cibo. Lo sanno bene aziende agricole come Pantasema a Zagarolo, L’Oca Bianca a Cave e La Rosciola a San Vito Romano, che hanno registrato un boom di prenotazioni di olio, prodotti della terra e carne rigorosamente a chilometro zero.
“Il nostro lavoro è cambiato – spiega Desiree dell’azienda Rosciola a Monti Prenestini. È bello però vedere che in un momento di emergenza come questo le persone si siano affidati ai prodotti di qualità, del proprio territorio di apparenza”.
Insomma pare proprio che il buon cibo e il buon bere sia stato interpretato come una terapia anche contro lo stress e il rischio della malattia. D’Altronde studi scientifici hanno certificato che la cura della salute psicofisica inizia soprattutto dalla tavola: riusciremo a cambiare le nostre abitudini anche dopo la pandemia?
