Un viaggio continuo alla ricerca delle radici di una terra, dei suoi valori e delle sue intime connessioni.

Lo Stillato e il Giglietto, abbinamenti di gusto a Palazzo Barberini

Ci sono anche iniziative di gusto nell’ambito delle manifestazioni di questa settimana per il bando Città della cultura 2019. A Palestrina Spazio Articolo Nove nell’ambito delle iniziative del concorso indetto dalla Regione Lazio per i comuni organizza un pomeriggio degustato a Palazzo Berberini con protagonisti il Giglietto e lo Stillato di Principe Pallavicini.

LO STILLATO: ORIGINI E QUALITÀ

La vasta area dell’azienda Pallavicini si sviluppa primariamente nei territori di Colonna e del Comune di Roma, alle basi di Monte Porzio Catone, con circa 65 ettari di terreno a cui, grazie ad un investimento iniziato alla fine degli anni ‘80, si sono aggiunti 18 ettari collocati in tutt’altra zona, verso la costa etrusca di Cerveteri. L’immagine icona dell’azienda è però l’antica torre della Pasolina che svetta sui terrazzamenti di Cabernet Sauvignon nel comune di Colonna; non molto distante da qui si trovano i filari de Le Marmorelle, situati alle basi della Pasolina. Il nome deriva dagli antichi resti archeologici marmorei rinvenuti durante alcuni lavori di rifacimento di un casale. Il territorio è intreccio di storia e viticultura, basti pensare che i vini si affinano in bottiglia tra le mura interrate di due cisterne appartenenti all’acquedotto Appio Claudio, lo stesso che taglia in due il noto parco degli acquedotti di Roma, sulla Tuscolana.



Storia e tradizione dunque muovono un territorio ideale alla viticultura e il vino dolce Stillato di Pallavicini, nasce proprio dai vigneti de Le Marmorelle. Qui le radici di Malvasia Puntinata ottengono nutrienti dai terreni vulcanici collinari situati a 300 metri sul livello del mare; Le piante sono allevate a Guyot con una resa che si aggira sulle 4.000 viti per ettaro. La vendemmia tardiva e manuale avviene solitamente verso fine Ottobre, previo appassimento in pianta per 30 giorni. La vinificazione subisce una breve fermentazione pellicolare per proseguire con affinamento di circa 10 mesi sui lieviti.

IL GIGLIETTO DI PALESTRINA

Farina, zucchero e uova. Non serve altro per fare i giglietti, biscotti dagli ingredienti semplici che affondano le loro origini nella storia. I giglietti sono infatti legati alle sorti della nobilità romana, in particolare a quelle della famiglia Barberini, signori di Palestrina. 


Casata influente, i Barberini vantano tra i discendenti un Papa, Urbano VIII che, durante il suo pontificato, decide di acquistare la cittadina di Palestrina dai principi Colonna e trasformarla in sede nobiliare della famiglia. Esiliati a Parigi alla corte di Luigi XIV (perché accusati di malgoverno), i Barberini conoscono qui i giglietti, biscotti a forma di giglio, simbolo della dinastia francese dei Borbone. Una volta tornati a Palestrina, i pasticceri di corte iniziano a replicarli, sostituendo però il giglio con le api, simbolo sullo stemma di famiglia. Le api però non hanno successo e, così, i biscotti tornano alla loro originaria forma di giglio, tramandata fino ai giorni nostri. 
Nonostante la semplicità degli ingredienti e la breve cottura, la lavorazione del giglietto richiede una manualità particolare, tramandata da poche famiglie. Un prodotto ricco di storia e poco conosciuto al di fuori dal contesto locale, che rischia di scomparire per la difficoltà della tecnica.

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