Palestrina, i figli sono in fuga dall’Ucraina: la storia di Luca Pennisi
Sono giorni di grande angoscia per Luca Pennisi, figlio di Angelo storico pasticcere di Palestrina. In Ucraina ha due pezzi di cuore: i figli Daniele ed Angelo di 11 e 14 anni che vivono con l’ex compagna. È incollato h24 al telefono, segue i loro spostamenti dalla lontana Norvegia, dove vide da tre anni.
Avrei voluto raggiungerli, aiutarli a fuggire ma avendo il permesso di soggiorno permanente ucraino, rischio di essere arruolato a forza, oltre al fatto che non fanno passare nessuno dalla frontiera verso l’interno - ci spiega.
Ora figli e ex moglie sono in viaggio. In due giorni hanno percorso circa 400 km.
Le strade sono piene di posti di blocco ukraini (ogni 5 - 10km). Non so dove usciranno, stiamo monitorando gli eventuali percorsi più sicuri e si decide al momento - aggiunge Luca.
È arrabbiato Luca. Un padre impotente davanti al corso degli eventi. Vorrebbe proteggere i suoi figli, aiutarli a venire fuori da un paese in guerra ma è costretto a fare i conti con una situazione ormai fuori controllo.
Quello che voglio denunciare, e che sto portando all’attenzione dei media, è il comportamento scandaloso dell’Ambasciata d’Italia e della Farnesina. Hanno evacuato in silenzio, lasciando al loro destino centinaia di connazionali. Ora in Italia l’Ambasciatore è dipinto come un eroe, ma di eroico non c’è nulla. L’Ambasciata italiana, dopo la prima notte di bombardamenti, ha instituito un numero di emergenza. Ovviamente prendere la linea era impossibile e alcune volte risultava addirittura spento. Io come la mia ex moglie abbiamo provato a chiamare i primi due giorni, senza risultati. Poi ho contattato la Farnesina, più precisamente l’Unità di Crisi. Ovviamente un operatore per migliaia di chiamate.
Da subito ho scaricato l’App e registrato i miei figli su “Dove Siamo Nel Mondo” già regolarmente iscritti all’AIRE. Alla Farnesina risultava iscritto solo Angelo, e dopo insistenti richieste non hanno iscritto anche Daniele e per questo ringrazio mio nipote Francesco, figlio di mia sorella. Le uniche comunicazioni dell’Ambasciata e della Farnesina erano di stare a casa. Io stesso ho chiesto alla Farnesina se stavano preparando dei piani di evacuazione o stessero partendo le diplomazie per creare dei corridoi sicuri, ma non ho mai avuto risposta né rassicurazioni. Quattro giorni dopo, tramite un amico che viveva a Kiev e che ora si trova a Riga, sono venuto a sapere che l’Ambasciata aveva istituito due punti di raccolta in caso di evacuazione. Uno di questi era la Residenza dell’Ambasciatore, a 3km dalla casa della mia ex moglie, e avevano nominato due capi maglia. Uno di questi lo conosco e l’ho chiamato. Mi ha comunicato che avevano aperto una chat WhatsUp e ci ha aggiunto, a me ed alla mia ex moglie. In pratica, comunicazioni erano solo riguardanti lo stare a casa. L’ultima comunicazione è stata che stavano preparando l’evacuazione e che avrebbero avvertito 3 ore prima, il tempo di raggiungere tutti la Residenza dell’Ambasciatore e partire. La mattina stessa ho raggiunto telefonicamente il Console, che stava incartando pacchi (ho sentito chiaramente il rumore del nastro adesivo). Il Console mi ha invitato gentilmente a chiamare l’Unità di Crisi. Questo alle 7 di mattina. Ho chiamato l’Unità di Crisi, che dopo un’ora di attesa mi ha riconfermato di stare in casa. Alle 9,30 come di solito, ho aperto il sito dell’ANSA e ho letto la notizia, data alle 9.18 che era in corso l’evacuazione dell’Ambasciata con due pullman. Ovviamente il preavviso sulla chat non è mai stato dato e, cosa più oltraggiosa, oltre a lasciare a Kiev Angelo e Daniele, hanno lasciato al loro destino anche una donna, Olga, con 6 bimbi italiani che vive ad appena 800 metri dalla residenza dell’Ambasciatore e un nostro connazionale con una bimba di 3 anni a Bucha, che il giorno dopo è stata pesantemente bombardata, compresa la sua casa. Lui e la bimba sono salvi per miracolo perchè la casa ha uno scantinato molto vecchio e per fortuna resistente.
Angelo e Daniele sono usciti da Kiev ieri mattina in macchina, perchè treni e autobus sono stracolmi, ed avrebbe significato stare a Kiev un altro giorno o forse più. In due giorni sono riusciti a fare appena 400 km. Ieri hanno dormito in macchina, ma stanotte, fortunatamente, sono riusciti ad arrivare a Kmelnisky e dormire in un hotel, dove rimarranno anche stanotte. I 6 bimbi sono su un treno diretti a Lviv. La priorità è che escano dall’Ukraina (si spera entro altri 3 giorni), perchè ancora non sappiamo bene verso quale frontiera è più sicuro dirigersi.