Regionali, Leodori: “Senza il campo largo non mi candido”
Senza il campo largo Daniele Leodori non è più disponibile a candidarsi alla presidenza del Lazio alle regionali, che presumibilmente si svolgeranno il prossimo 5 febbraio. Il vicepresidente della Regione ed esponente del PD ha spiegato su Facebook il suo pensiero: “Nei mesi scorsi ho dato la disponibilità a proseguire l’esperienza condotta in questi anni in Regione Lazio anche impegnandomi in prima persona, anche con le primarie, per continuare questo lavoro con una coalizione unita e ampia.
In questo momento il progetto del campo largo mi sembra più fragile e ne prendo atto. Non sta a me giudicare le scelte di altri partiti, ma è chiaro che la mia disponibilità fosse legata fortemente alla possibilità di proseguire questa esperienza”. Il leader del M5S, Giuseppe Conte, sembra sempre più arroccato sulla posizione di una candidatura solitaria del Movimento. Leodori dal canto suo assicura che “continuerò a lavorare per realizzare questo disegno unitario finché sarà possibile. Perché a mio avviso rimane necessario per dare al Lazio continuità e qualità amministrativa e, allo stesso tempo, battere le destre.
Proseguirò il mio impegno da vicepresidente fino alla fine con la serietà e la passione che da sempre contraddistinguono il mio lavoro. Continuerò anche a impegnarmi per il nostro territorio perché non posso non ricambiare la fiducia e la stima che tanti ripongono in me”. Il vicepresidente ha ribadito che “il lavoro che abbiamo svolto in questi anni in Regione Lazio ha prodotto risultati importanti. È stato possibile grazie alla qualità umana delle persone impegnate in questo progetto ma anche alla capacità di condividere le scelte con un’alleanza ampia, che ha lavorato nella stessa direzione. Siamo stati la prima Regione ad allargare l’alleanza di centrosinistra con una coalizione che includeva il Movimento Cinque Stelle e gli unici ad avere nella nostra maggioranza contemporaneamente anche i rappresentanti di Azione, Italia Viva, Demos e le forze ambientaliste e di sinistra. I risultati raggiunti sono stati frutto anche di questa unità”.
Metà novembre. E’ la dead line entro la quale si conosceranno squadre e candidati del centrosinistra e del centrodestra alle prossime elezioni regionali nel Lazio. La data ancora non è certa ma, salvo colpi di scena, il voto si terrà il prossimo 5 febbraio. Il governatore e neodeputato del Pd, Nicola Zingaretti, ha ricevuto dalla Giunta per le elezioni del Consiglio regionale la notizia della sua incompatibilità e quindi della necessità di optare tra le due cariche. Ovviamente sceglierà di dimettersi da presidente e intende farlo entro il termine dei 10 giorni dalla comunicazione (anche se in realtà i termini sarebbero più laschi). Per questo la data segnata col circoletto rosso sul calendario per il suo addio dopo 10 anni di mandato è quella del 4 novembre. La notte tra giovedì e venerdì della prossima settimana il Consiglio regionale avrà approvato il provvedimento collegato alla legge di stabilità, quindi Zingaretti si dimetterà e fisserà le elezioni per la prima domenica di febbraio. Qualche consigliere pensa che non sia ancora del tutto peregrina la possibilità di uno slittamento di una settimana dell’approvazione del Collegato con conseguente scivolamento del voto dal 5 al 12 febbraio ma appare molto complicato. Anche perché, ad esempio, Fratelli d’Italia non ha presentato alcun emendamento (dei 600 presenti) al provvedimento, segno che vuole sbrigarsi a mettere fine alla legislatura e che sarebbe pronta a impallinare Zingaretti su questo. Inoltre, nei corridoi della Pisana, si racconta di un evento di chiusura della stagione zingarettiana in Regione fissato proprio per il 4 novembre a piazza di Pietra.
Un appuntamento che non avrà esattamente i contorni di una festa. Perché il campo largo del centrosinistra al momento ha davvero poche chance di essere riproposto alle prossime elezioni e questo significherebbe vittoria del centrodestra. Il lavorio del Pd per tentare fino all’ultimo di salvare il ‘Modello Lazio’ non si ferma. Il principale nodo da sciogliere è quello del M5S. Secondo ciò che risulta all’agenzia Dire, Giuseppe Conte non avrebbe chiuso agli interlocutori nazionali dem (in particolare a Francesco Boccia, responsabile organizzazione del partito). Il leader pentastellato ci sta pensando ed è tentato dall’avventura solitaria, con l’obiettivo di risultare il primo partito del fronte progressista e guidare una futura coalizione nazionale con il Pd dopo che il partito del Nazareno avrà celebrato il suo congresso. I Cinque stelle del Lazio, che non hanno mai nascosto la loro volontà di proseguire col campo largo, incontreranno Conte alla fine della prossima settimana cercando di convincerlo che gli elettori pentastellati vogliono la prosecuzione del Modello Lazio, anche perché unica opzione possibile per cercare di vincere le elezioni. Ma per arrivare a dama serve una “prova d’amore” da parte del Pd e in questo senso sono state interpretate nei corridoi del Consiglio regionale le parole dell’assessora alla Transizione ecologica, Roberta Lombardi, che – facendo leva su una proposta dei neo senatori e quasi ex consiglieri capitolini di FdI, Andrea De Priamo e Lavinia Mennuni – ha invitato il Pd a prendere le distanze dalla scelta del sindaco Gualtieri, in qualità di commissario di governo, di realizzare a Roma un inceneritore da 600mila tonnellate. Una mossa poco comprensibile per i dem della Pisana, perché ritengono di essersi già espressi politicamente sul tema, vietando la costruzione di inceneritori nel Lazio all’interno del piano regionale dei rifiuti approvato nell’agosto del 2020, e perché la questione è ormai stata sottratta a qualunque tipo di intervento da parte della Regione proprio con la concessione dei poteri straordinari a Gualtieri, che in virtù di questi può andare in deroga anche alle prerogative dell’ente di via Colombo.