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Sanità: Angelo e la storia di un “miracolo possibile”

a cura della Redazione

D“Siamo stati molto indecisi se eseguirlo o meno perché sembrava un intervento davvero difficile, con un rischio di mortalità altissimo, intorno al 60%. Alla fine però abbiamo deciso di percorrerlo, perché secondo noi non c’era altra strada per salvare Angelo”.

A parlare è il professor Giuseppe Cardillo, direttore della Uoc Chirurgia Toracica dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma e docente presso l’Università UniCamillus, intervistato dalla Dire in merito a quello che è stato ormai definito ‘il miracolo di Angelo’, cioè un intervento chirurgico, forse unico in Italia, con una percentuale bassissima di riuscita ma che invece è riuscito a ridare la vita ad Angelo Lemmetti, il giovane di 26 anni originario di Anagni (in provincia di Frosinone) vittima lo scorso 23 luglio di un grave incidente stradale avvenuto a Ferentino.

A Gallicano nel Lazio

“Angelo, senza l’ossigenazione extracorporea (Ecmo), non sarebbe sopravvissuto- dice convinto il professor Cardillo- questo tipo di intervento è stato salvavita per lui. Prendere una decisione non è stato facile, ma alla fine abbiamo portato a casa un risultato straordinario, riuscendo a risolvere il paziente e a dimetterlo. Colgo anzi l’occasione per ringraziare l’equipe del San Camillo composta, tra gli altri, dagli anestesisti dottor Cingolani, dottor Martinotti e dottor Tritapepe, e dal chirurgo toracico dottoressa Ricciardi, per aver portato a termine, tutti insieme, un intervento quasi unico nel suo genere a livello mondiale. In letteratura sono descritti pochissimi casi del genere e certamente sottoporremo il nostro lavoro alla comunità scientifica, perché quello è il posto giusto”.

Ma perché l’intervento di Angelo è considerato un ‘miracolo’? “Angelo è arrivato al San Camillo con una condizione gravissima, molto rara e difficile da trattare, perché aveva il bronco principale di sinistra che si era distaccato dalla trachea- racconta alla Dire il professor Cardillo- Si tratta di un intervento che fanno pochissimi centri in Italia perché è tecnicamente molto complesso. Oltre a questo distacco, il ragazzo aveva anche entrambi i polmoni contusi, cioè lacerati, a causa dell’impatto fortissimo durante l’incidente. Quindi una volta riattaccato il polmone di sinistra, Angelo ha sviluppato una insufficienza respiratoria, perché tutti e due i polmoni non scambiavano ossigeno”. Nel post operatorio, dunque, si è reso necessario mettere Angelo in circolazione extracorporea, in maniera tale che potesse ossigenare con la macchina. L’intervento, appunto, si chiama ECMO. “Dopo circa 7-8 giorni che Angelo si era stabilizzato, abbiamo dovuto togliere il polmone sinistro durante la circolazione extracorporea- racconta ancora il primario- una situazione complessa perché i pazienti, in tale condizione, sanguinano molto e sono ingestibili. Ma è stata una doppia difficoltà a rendere l’intervento di Angelo davvero straordinario: stare, dopo un trauma, in circolazione extracorporea da tanto tempo ed essere un reintervento eseguito in condizioni più che critiche”. L’intervento di Angelo, ora, può aprire altre strade e questa nuova tecnica rappresenta “un’arma in più per i medici ma soprattutto per i pazienti, a cui viene aperta una nuova strada- prosegue Cardillo- L’Ecmo si usa, o meglio ora possiamo dire ‘si usava’ per gli interventi chirurgici in poche condizioni, ma nel trauma e nell’intervento è veramente una cosa più unica che rara. Adesso sto cercando di spingere anche altri colleghi ad andare verso questa tecnica, perché sicuramente l’Ecmo, lo abbiamo testato, può essere anche un ‘ponte’ per fare un intervento chirurgico”. Quanto ad Angelo, che purtroppo durante l’incidente ha perso la mamma, adesso è a casa e sta bene. “Ha ripreso totalmente”, assicura il suo medico.

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