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Sembrano aeroporti ma sono chiese: la prima domenica di riapertura da Palestrina a Roma


Come sono cambiate le abitudini a messa nel territorio

 L’acqua benedetta e’ densa ed ha un vago aroma di pesca;
l’acquasantiera non e’ piu’ di marmo morbidamente plasmato da uno scalpellino, ma ha la fredda spigolosita’ di un dispenser di plastica trasparente. Magari made in China. “Per il doveroso rispetto delle norme igieniche, si prega di disinfettare le mani” spiega un cartello posto dove prima ce n’era un altro, dedicato alla spiegazione dell’Altare della Vergine. Riprende cosi’, con queste parole che paiono spalancare le porte di un ufficio pubblico, la normalita’ delle chiese di Roma e provincia, che essendo luogo pubblico, e fondamentale, si adeguano nel momento della riapertura all’evidenza dei fatti: le cose vanno meglio, si’, ma non e’ per nulla finita.


Nei centri storici Prenestini, con le tante chiese disseminate sul territorio, rispondono bene alle nuove regole “anti-assembramento”. Non va meglio nei quartieri nuovi o in areee densamente popolate come San Cesareo (una chiesa per tutto il paese) dove il parroco pensa a liturgie a cielo aperto per consentire a tutti di ascoltare la parola del Signore.

Primato morale, responsabilita’ civile: tocca adeguarsi nella quotidianita’. E’ quello che fa Papa Francesco, che ancora oggi recita il Regina Coeli dalla biblioteca del Palazzo Apostolico come ha fatto per tutto il periodo della chiusura.
Ma poi non resiste, proprio come fece all’inizio di marzo, e si affaccia a salutare la sparuta folla che, nel primo caldo estivo di Roma, aspetta sotto il sole della Piazza. La gente risponde entusiasta, le campane iniziano a suonare a festa.
Scenografia suggestiva, ma non definitiva: si sa bene che non e’ tempo di abbassare la guardia.

Piu’ che l’ingresso di un luogo di culto sembra quello al finger di un aeroporto, con la gente fuori in attesa dell’imbarco. Cosi’ il parroco di san Salvatore in Lauro, splendido gioiello manierista che lui vorrebbe trasformare in santuario wojtyliano o di Padre Pio, mette potenti altoparlanti attaccati ai colonnoni di travertino della facciata.

Non si offenda, il sant’uomo, per il paragone magari un po’ ardito, ma il suo vocione romanesco modulato sulle note di un accennato gregoriano e filtrato dai microfoni lo fa sembrare, piu’ di ogni altra cosa, un muezzin dal minareto. Quanto ai fedeli sulla piazza, viene in mente un raduno di pentecostali. Fratello, dove sei.
La ripresa, poi, non e completa. Molte messe delle 11 sono saltate, non si capisce bene come mai. Eppure anche stamane l’Avvenire sottolinea che finalmente “e’ vera domenica”. Chiusa la parentesi delle profonde incomprensioni con il governo, si guarda avanti: “i fedeli hanno capito”, dicono dalla Cei. Ora si apre un’altra battaglia, che si preannuncia aspra: la questione del sostegno alla scuola paritaria, al momento esclusa dai piani di rilancio.
Ma e’, giustappunto, materia del domani, e da lunedi’ si riprendera’ a parlarne. Fino a stasera si legga e si mediti sul passo del Vangelo secondo Matteo, quello che piu’ piaceva a Pasolini: “Io saro’ con voi tutti i giorni”. Anche in questi giorni, sottolinea dal pulpito l’anziano sacerdote di una chiesa ottocentesca che oggi piu’ che mai sa di ombra. Nessuno e’ stato abbandonato, ricorda.

Anche il Papa, nel proclamare un anno straordinario di riflessione sulla Laudato Si’ che lui stesso pubblico’ cinque anni fa, ricorda che con quel documento “si e’ cercato di richiamare l’attenzione al grido della Terra e dei poveri”. Vediamo se almeno questa sara’ la volta buona.
Nel frattempo si torna alla devozione popolare, come sempre nei tempi del contagio. La cappella della Vergine del Pozzo, a due passi da Palazzo Chigi, apre la cancellata. Veneratissima, come si dice in questi casi, dal popolo romano: la domenica e’ facile incontrarci, alla sera, Claudio Lotito, con in mano il bicchierino monouso che qui e’ obbligatorio quasi dai tempi del miracolo, nel tredicesimo secolo. A suo onore possiamo rendere testimonianza che e’ presente con grande precisione, ogni settimana: indipendentemente da cosa abbia fatto la Lazio.
Chissa’ quale grazia sta chiedendo per quest’anno. Oggi, nella cappella, si entra quattro alla volta: lo spazio e’ piccolo e le panche cui si e’ indirizzati sono fruibili a posti alterni, anche se per definizione una panca i posti singoli non li ha. La buona volonta’, pero’, e’ genuina.
Vuoi vedere che la pandemia lascera’ ai posteri un nuovo senso di responsabilita’ di tutti verso la cosa pubblica?

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