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Strage di Bologna, ergastolo per Paolo Bellini

Ergastolo per Paolo Bellini, sei anni per Piergiorgio Segatel e 4 anni a Domenico Cataracchia. 

È questa la sentenza della  Corte d’assise di Bologna per la strage di Bologna che si è tenuta oggi dopo anni di dibattimenti, polemiche e depistaggi.

 

A Palestrina

Per l’attentato in cui morirono 85 persone e altre 200 rimasero ferite sono stati condannati in via definitiva gli ex Nar Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini e in primo grado Gilberto Cavallini il cui processo di secondo grado è stato rinviato al 2023.

Bellini, che si era rifugiato negli ultimi anni a Palestrina (CLICCA QUI)  è stato imputato dopo che la Procura generale ha avocato l’inchiesta sui mandanti.

Il procuratore generale di Bologna aveva chiesto l’ergastolo e l’isolamento per Bellini, 6 anni per Segatel e 3 anni e mezzo per Catracchia.

“Noi abbiamo qualificato il fatto come crimine punito dall’articolo 285 del codice penale, perché si tratta di un crimine contro la personalità dello Stato” aveva detto il rappresentante dell’accusa.

A Palestrina
LA FIGURA DI BELLINI

Esperto di opere d’arte, fuggito in Brasile, nel 1999 finisce in manette e decide di collaborare con la magistratura, confessando una decina di omicidi, compiuti a sangue freddo nel momento di massima violenza di una guerra di ‘ndrangheta in corso fra l’Emilia Romagna e la Calabria.

Ammetterà anche di aver commesso il delitto dell’esponente di Lotta Continua Alceste Campanile, uno dei gialli irrisolti degli anni di piombo. Poi collabora anche con la procura di Palermo che indaga sulla Trattativa Stato Mafia, raccontando di aver conosciuto Nino Gioè con cui avrebbe intrattenuto una sorta di trattativa parallela. Una vita da film, sempre al centro dei grandi misteri irrisolti, tra servizi segreti e criminalità organizzata, attraverso una varietà di “maschere usate per inserirsi e uscire da molti fra i capitoli più ambigui della vita italiana”.

LA SECONDA VITA VICINO ROMA

Dopo le confessioni su di lui è calato il silenzio, poi un’inchiesta della Gazzetta di Reggio nel 2013 lo rintraccia, rivelando la sua identità. Si è risposato, sta scontando la sua pena “nel Centro Italia” (Palestrina), con il permesso di lavorare in orari ben precisi in un noto ristorante. Al cappellano che lo seguiva nel suo cammino di recupero come tutore aveva confidato che “si pentiva di tutto quello che aveva fatto, rifugiandosi nel conforto religioso”.

In molti ricordano ancora la sua figura a Palestrina. Tutti lo descrivono come una persona molto gentile e discreta.

L’INCHIESTA

La revoca richiesta dalla Procura generale è legata a tre nuovi elementi raccolti. Tra questi figura un fotogramma che compare in un filmato amatoriale Super 8 girato da un turista tedesco. In quella pellicola amatoriale si vede un uomo con i baffi e i capelli ricci che avrebbe una “spiccata somiglianza” (secondo gli avvocati Andrea Speranzoni, Giuseppe Giampaolo, Nicola Brigida e Roberto Nasci) con le foto segnalatiche dell’epoca del soggetto.

Parlando con i cronisti, Speranzoni evidenzia che dall’atto della Procura generale emerge che l’attentato fu commesso da “una manovalanza fascista, già condannata, che ora vede coinvolto un uomo non piu’ dei Nar, ma di Avanguardia nazionale”, sopra la quale ci sarebbe stata “una cappa, un ombrello di mandanti che la Procura generale ci indica in uomini un po’ della P2 e un po’ degli apparati dello Stato”.

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