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Test sierologici al via nel caos delle normative. Abbiamo scoperto chi li effettua nei Monti Prenestini


Non sono vietati ma la comunità scientifica si divide sull’attendibilità. A colloquio con un professionista del territorio

Qualcuno al nord Italia li ha vietati, il Lazio invece li ha consentiti raccomandando però “che essi non hanno alcun valore per il servizio sanitario e non conferiscono alcuna patente di immunità”. Stiamo parlando dei test sierologici e il virgolettato e dell’assessore alla Sanità della Regione Alessio D’Amato, che qualche giorno fa alla stampa aveva precisato che devono essere inseriti “in analisi di sieroprevalenza o in indagini di sorveglianza di popolazione selezionati nell’ambito di specifici programmi quali sono quelli che si intendono attivare nel Lazio su tutto il personale sanitario e sulle forze dell’ordine, che vanno ripetuti in un arco temporale definito e lì dove necessario con verifica del test molecolare”. 

Al fine di evitare qualsiasi speculazione sul prezzo inoltre la Regione con  un’ ordinanza dell’ 8 aprile, ha comunicato che la tariffa dovesse essere di circa 20 euro per il test rapido da sangue capillare (una piccola puntura sul dito) e di circa 45 euro per il test sierologico con prelievo venoso, in maniera non dissimile dai costi sostenuti dal Servizio sanitario regionale.

Monti Prenestini si è messo così alla ricerca sul territorio di strutture private abilitate alla vendita di questi test. In molti hanno risposto “di essere in attesa di una migliore definizione da parte del servizio sanitario nazionale”. Solo una struttura ha confermato la possibilità di effettuare il test: si tratta della farmacia Genovese del centro storico di Zagarolo.

Qui, come conferma il personale, da lunedì sono iniziati i test da prelievo capillare al costo di 40 euro. A confermarlo a Monti Prenestini il dottor Genovese che ha spiegato come funziona l’analisi.

“Innanzitutto il test viene effettuato presso i nostri studi medici nel rispetto più assoluto della privacy del paziente – dice il dottore. Il nostro test ha un’attendibilità vicina al 90% e reca il marchio CE, nel rispetto dunque della normativa vigente. Non sostituiscono il tampone e le altre analisi del Ministero e in caso di positività ci raccontano il decorso della malattia. Tali test – aggiunge – si basano sull’identificazione degli anticorpi IgM e IgG. Innanzitutto si deve verificare che la linea di controllo si sia colorata, altrimenti il test non è valido. Se non si colora né la linea IgM né la linea IgG, probabilmente nel nostro sangue non ci sono anticorpi contro le proteine virali. In questo caso, è probabile che non abbiamo contratto l’infezione, Ma potremmo anche essere in una fase precoce dell’infezione. Se si colora solo la linea IgM – aggiunge – è probabile  che ci troviamo in una fase precoce della malattia. Se si colorano entrambe le linee IgM e IgG significa che probabilmente ci troviamo in una fase intermedia dell’infezione. Se si colora solo la linea IgG significa che le IgM sono già scomparse, ci troviamo quindi probabilmente in una fase più avanzata dell’infezione oppure siamo già guariti. Diversi professionisti in questi giorni hanno fatto ricorso a questo test.

Il clamore nato in questi giorni intorno ai test rapidi è relativo al fatto che sono molteplici i kit presenti in commercio e non tutti rispondono ai necessari requisiti di affidabilità richiesti per questa fase di approfondimento. Le aziende che desiderino immettere sul mercato i loro prodotti ne assemblano i vari componenti per poi ottenere la certificazione CE. Successivamente, devono sottomettere il dossier completo del prodotto all’ufficio competente dell’OMS per un processo di pre-qualifica e pre-validazione, necessario a ricevere una prima certificazione. Infine, per quanto riguarda il nostro Paese, è necessaria la sottomissione della documentazione al Comitato Medico Scientifico (CTS) della Protezione Civile, al Presidente dell’ISS e poi al Ministero della Salute.

Insomma il percorso per i privati sembra chiaro, ma gli uffici del Governo e le Regione hanno lasciato spazio a molti dubbi.

Il ministero della Salute tramite la circolare 11715 del 3 aprile scorso ha chiaramente scritto: «Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità sebbene l’impiego di kit commerciali di diagnosi rapida virologica sia auspicabile e rappresenti un’esigenza in situazioni di emergenza come quella attuale, gli approcci diagnostici al momento tecnicamente più vantaggiosi, attendibili e disponibili rimangono quelli basati sul rilevamento del virus in secrezioni respiratorie attraverso metodi di RT-PCR». Ovvero del tampone naso-gola. Nessun divieto certo, è stato espressamente decretato per i laboratori privati ma al contempo si è precisato come i test sierologici non diano al momento alcuna certezza.

È di questi giorni l’annuncio del commissario straordinario Domenico Arcuri che ha precisato che i test saranno vidimati dall’Istituto Superiore della Sanità non prima del 29 aprile”. Stanno partendo gare e sperimentazioni: ne sapremo di più nei prossimi giorni.

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