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“Troppe criticità”: è stato di agitazione all’ospedale di Palestrina

Mancata risposta in termini di sicurezza sui posti di lavoro, lesività dei diritti dei lavoratori e mancanza di pari opportunità, mobilità del personale, utilizzo di prestazioni straordinarie e pronta disponibilità in assenza di concertazione Sindacale, mancanza di assegnazioni al personale nuovo assunto con relativa perdita economica di indennità, mancato pagamento dell’indennità di malattie infettive art 86 al personale che opera in unità operative a contatto con pazienti Covid.

Sono questi i principali motivi che hanno spinto le organizzazioni sindacali Fp Cgil e Uil Fpl a proclamare oggi lo stato di agitazione all’interno dell’ospedale Coniugi Bernardini di Palestrina, che dall’inizio dell’anno è tornato a effettuare prestazioni solo covid.

Kai Poke Palestrina
A Palestrina

In particolare i sindacati segnalano “che nell’Ospedale Covid 19 di Palestrina permangono problemi strutturali, organizzativi e di igiene, tali che l’ambiente di lavoro, già ad alto rischio, in termini di salute e sicurezza, per gli operatori sanitari che vi operano, in ragione delle sue attività, veda un aumento di tale rischio con un oggettivo aumento dell’esposizione.

A Palestrina

In particolare si evidenziano le seguenti criticità:

una carenza dei percorsi sporco/pulito con conseguente promiscuità tra personale, pazienti,

materiale e salme;
l’assenza di segnaletica dei percorsi;
un insufficiente servizio di pulizia e sanificazione di tutti gli spazi dedicati covid, attigui e di servizio;
una grave carenza di Personale Infermieristico e OSS che si trova costretto a svolgere per intero il

proprio turno di lavoro, a volte anche per dodici ore consecutive, completamente vestito ai fini dell’assistenza a pazienti Covid-19 senza opportuna rotazione o che debba, anche più volte durante il servizio effettuare le manovre di “vestizione” e “svestizione”, aumentando così esponenzialmente il rischio di esposizione al virus.

Ad oggi – continuano i sindacati – risulta l’esistenza di una oggettiva difficoltà nella realizzazione di interventi risolutivi, anche a causa delle caratteristiche costruttive del plesso, con la conseguente difficoltà a contenere l’aumentato rischio di esposizione per tutto il personale del presidio ospedaliero, al cui interno risulterebbero ad oggi diversi casi di positività o di patologia correlata”.

Il recente potenziamento della capacità ricettiva del nosocomio in oggetto da 72 a 97 posti letto è avvenuto, non solo con l’apertura della nuova unità di chirurgia covid, ma anche attraverso l’aumento dei letti di degenza nei reparti già esistenti. Questo ha comportato uno stravolgimento dei percorsi individuati mediante la collaborazione del soggetto attuatore e del consulente per il biocontenimento e sottraendo gli spazi precedentemente individuati per lo stazionamento del personale sanitario durante il turno di lavoro. Attualmente, l’unico spazio rimasto al personale è lo stesso in cui gli operatori, all’uscita dalla zona contaminata, devono svestirsi dei DPI, dove non risultano oltremodo presenti gli arredi e le scaffalature per la sistemazione dei presidi che debbono necessariamente essere contenuti all’interno di scatoloni appoggiati a terra.<br />