Un viaggio continuo alla ricerca delle radici di una terra, dei suoi valori e delle sue intime connessioni.

Volevo dirgli ti voglio bene per l’ultima volta, ma non me lo hanno permesso


Il commuovente racconto di un nostro lettore che ha recentemente perso il padre affetto da Coronavirus

Nemmeno una carezza, nè un bacio, nessuno sguardo per l’ultimo saluto. Ai tempi del Coronavirus si muore in completa solitudine, chiusi in una camera off limits a cui ha accesso solo il personale sanitario.

Giovani, anziani, credenti o atei, per i morti covid il “trattamento” è uno per tutti: avvolti in un lenzuolo, seppelliti senza nemmeno il funerale.

Non deve essere facile spegnersi in un letto d’ospedale, senza avere vicino un famigliare a darti una parola di conforto, e non lo è nemmeno per chi rimane. Mogli, mariti, figli rimasti impotenti difronte alla morte del proprio caro, senza nemmeno la consolazione di scegliere per lui il vestito più bello, o i fiori che amava tanto per il cuscino funebre.

Un sentimento misto a rabbia e impotenza si mescola al dolore per chi ormai non c’è più. Monti Prenestini ha raccolto la testimonianza di un ragazzo del territorio che ha perso in questi giorni suo padre, ricoverato da qualche settimana per Coronavirus.

“Se la morte può essere improvvisa, inattesa, ingiusta, morire da soli, lontano dai tuoi cari, è disumano, lacerante, offensivo, perché tutti quelli che in tempo ‘di pace’ vengono retoricamente definiti come valori fondamentali della civiltà, guadagnati nel corso dei secoli e con orgoglio definiti come propri della sola razza umana, improvvisamente non valgono più nulla, e con loro la cosiddetta civiltà. E così nemmeno coloro che restano, si sentono più esseri umani. Abbiamo vissuto le atrocità della separazione imposta dal ricovero prima e dai protocolli funebri dopo. E’ una cosa straziante che ti lacera dentro e che può capire solo chi lo ha vissuto sulla sua pelle”.