
Addio a Carlo Quartucci. Genazzano saluta l’ideatore de La Zattera di Babele
È morto all’età di 81 anni. Dal 1981 al 1983 riunì al Castello Colonna una “babele” di artisti. La sua storia
È morto nella notte tra il 30 e il 31 dicembre, a 81 anni, Carlo Quartucci, regista, attore e scenografo. Era ricoverato da circa un mese all’ospedale San Giovanni di Roma. I funerali si terranno il 3 gennaio a Roma, alle 12, nella chiesa della Natività, in via Gallia. Carla Tatò, compagna di arte e di vita di Quartucci, ha scelto questo luogo perché nel 1959 Carlo vi debuttò con Aspettando Godot di Samuel Beckett.
“In fondo ‒ amava ripetere Quartucci – non mi interessa definire cosa sia teatro. Mi interessa incontrare sguardi artistici che stravedono”. Per cinquant’anni ha viaggiato nel teatro, senza mai definirlo ma interrogandone il senso e sperimentandone le forme, con un vitalità ludica e visionaria profondissima, una energia travolgente e instancabile.


Siciliano, figlio d’arte, poi studente di architettura, amante di Van Gogh e Malevic, nel 1964, accanto ai primi compagni di viaggio Claudio Remondi, Rino Sudano, Leo de Berardinis, ha firmato la di un memorabile Aspettando Godot a Genova. Sono seguiti Cartoteca, Zip Lip Lap… (insieme a Giuliano Scabia e Lele Luzzati), alla Biennale di Venezia nel 1965, Majakovskij & compagni, quindi l’inizio della intensa collaborazione con Jannis Kounellis a partire dai Testimoni, e poi Lavoro teatrale (sempre alla Biennale nel 1969), quindi il lavoro in radio e in televisione negli anni Settanta, la collaborazione con Roberto Lerici, con Primo Levi, con Giulio Paolini.
Carlo Quartucci ha attraversato intensamente gli anni di avvio del Nuovo teatro italiano, in una continua interrogazione sul suo significato, sperimentando forme e mettendo in discussione radicale ruoli, luoghi e l’intero apparato teatrale.

Nel 1981 vede la nascita il progetto “La zattera di Babele”, dove il regista insieme a Carla Tatò, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Roberto Lerici, Germano Celant, Rudi Fuchs, raduna a GENAZZANO, scrittori, cineasti, attori di teatro, pittori, con l’obiettivo di dar vita a una rappresentazione e a un linguaggio interdisciplinare dove far confluire e interagire varie forme d’arte.
Si trattò di riunire a Genazzano artisti delle più variegate discipline in una sorta di ZatterA ove regnava la confusione e la commistione dei linguaggi. Artisti contemporanei e quindi con un’inclinazione alla ricerca d’avanguardia. Genazzano si giovò molto da questa esperienza in termini di immagine e di notorietà. L’esperienza si chiuse a fine 1883 per l’inizio dei grandi lavori di restauro del Castello. Proponiamo una selezione di immagini e di rassegna stampa per quanti fossero interessati a conoscere quella esperienza. Foto e articolo Dino Cutarelli.
Ricordiamo questa estate la sua ultima performance artistica a Genazzano, insieme a Carla Tatò nel cortile del Castello Colonna, con “Le Troiane” di Euripide.
… entrare dentro al “corpo teatrale” per poter scrivere un
nuovo teatro. Così ecco, entrare dentro Genazzano, nel suo
corpo scenico che ha una sua storia, una sua storia
professionale… Genazzano é una professione, ha un corpo
scenico preciso senza distruzione di natura architettonica, ha
un corpo umano, contadino, con una sua cultura precisa, ha una
produzione di vino, per cui con una sua realtà culturale
abbastanza precisa, ha spazi che sono stati tenuti, conservati
da una precisa amministrazione. Per cui c’è una ricostruzione
culturale in questo caso assieme.
Carlo Quartucci,1982