
Colleferro e lo scandalo inquinamento: arriva la resa dei conti nelle aule di giustizia
Per anni interi territori dalla Valle del Sacco fino ai Monti Prenestini in provincia di Roma sono stati minacciati da un killer, il betaesaclorocicloesano, sottoprodotto del pesticida lindano vietato dal 1978 e pericolosissimo per la salute pubblica. Questo spauracchio arrivava dal fiume Sacco, fiume che nasce dai Monti Prenestini, e per anni ha tenuto in allarme diversi territori votati all’agricoltura, tra cui anche le zone che lambiscono Colleferro, da Paliano fino a Olevano Romano.

IL PROCESSO
Ora è arrivata la resa dei conti nelle aule di giustizia. Ieri il pm Luigi Paoletti ha chiesto al Tribunale di Velletri di condannare i quattro imputati a due anni di reclusione a testa. Alla richiesta del pm si sono unite poi le ingenti richieste di risarcimento danni da parte delle associazioni Retuvasa e Raggio Verde, ben 26 milioni di euro solo il Ministero. A metà novembre parleranno le difese e poi verrà emessa la sentenza.
Sotto accusa l’allora direttore della Caffaro srl di Colleferro, Carlo Gentile, il legale rappresentante e il responsabile tecnico del Consorzio Servizi Colleferro, responsabile della depurazione delle acque, Giovanni Paravani e Renzo Crosariol, e l’allora direttore della Centrale del Latte di Roma, Giuseppe Zulli. Citati inoltre come responsabili civili, ai fini del risarcimento del danno, sia la Centrale che il Consorzio.

LE ACCUSE
Gli inquirenti ritengono che il pesticida provenisse dall’azienda Caffaro, che sia finito nel fosso Cupo e da lì nel Sacco, senza essere depurato, contaminando ben presto acqua e suolo e finendo nel latte, come accertato dall’Istituto zooprofilattico, dall’Arpa Lazio e dall’Ispra. La Centrale del Latte di Roma, anziché dare subito l’allarme e ritirare i lotti incriminati, avrebbe poi proseguito a commercializzare il prodotto, mettendo a rischio la salute dei consumatori.
L’intervento del Pubblico ministero è partito dai primi passi dell’inchiesta. Nata ad aprile del 2005: fu la Asl a segnalare una concentrazione anomala di betaesaclorocicloesano nel latte prodotto dagli allevatori nella Valle del Sacco. Il beta-HCH è un derivato della produzione del lindano, un insetticida che veniva ampiamente usato durante gli Anni ‘60 e ’70. E che venne vietato a partire dal 1978.
Per l’Accusa si è in presenza di una “gravissima contaminazione“. Tale da giustificare giuridicamente il disastro ambientale. Per sostenerlo – ha detto nella requisitoria – deve essere considerato “lo stato d’emergenza proclamato per la Valle del Sacco nel maggio del 2005 e prorogato fino al 31 ottobre 2012“; e poi deve essere considerato anche “l’inserimento della Valle del sacco tra i Siti di Interesse Nazionale (Sin)“; il terzi elemento da tenere a mente sono “gli illeciti ambientali registrati nell’area Caffaro già nei primi Anni 90“.
L’emergenza sanitaria è durata fino al 2012, ma la bonifica è tutt’altro che completata. Risale infatti solo al 7 marzo scorso l’accordo di programma tra il ministro dell’ambiente Sergio Costa e il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, per un investimento di 53,6 milioni di euro nell’area maggiormente contaminata.
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